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mercoledì 14 novembre 2007

"LA GIUSTA DISTANZA" di Carlo Mazzacurati, 2007

A volte si parla bene di certi film italiani solo perché superano il livello di indecenza media a cui siamo ormai abituati da tempo, per lo meno rispetto ai film che vengono distribuiti al cinema. Spesso poi le lodi vengono accentuate se il film in oggetto viene realizzato da cineasti progressisti, sensibili alle problematiche sociali e politicamente riconducibili a un’area non apertamente reazionaria . E’ il caso per esempio dei film di Carlo Mazzacurati.
Per la sua ultima pellicola La giusta distanza in molti si sono ritrovati concordi nel salutare il film come l’opera di un regista ritrovato, come una piacevole sorpresa rispetto alle ultime fatiche del cineasta veneto. Probabilmente tutto questo è vero, ma non sufficiente comunque a fare di La giusta distanza un film memorabile. Quasi tutto quello che viene mostrato nel film è infatti poco più che una corretta illustrazione di una sceneggiatura molto attentamente elaborata e costruita. Quasi tutto appare pianificato in ogni dettaglio, col risultato che ogni inquadratura finisce con l’esistere solo per se stessa, senza altro rapporto con le altre inquadrature se non quello direttamente funzionale alla narrazione. Il microcosmo descritto appare blindato dalle esigenze della finzione filmica e dalla necessità di trovare le forme più delicate per esplicitare il giudizio apparentemente neutro del regista su quanto mostrato, e si ha la sensazione durante la visione del film che la realtà, fosse anche quella dei sentimenti recitati degli attori, non farà mai irruzione sulla pellicola, non incrinerà mai il disegno precostituito in sceneggiatura, non lascerà cioè tracce dalle quali ripartire per costruire un discorso altro. Ancora una volta, dunque, un film dai toni pacati ma che vorrebbe, attraverso il contrasto con la durezza degli eventi mostrati, scuotere la coscienza dello spettatore, che invece non viene mai graffiata, smossa, sollecitata. A meno che lo spettatore non sia simile per temperamento al regista o si riconosca nel giovane protagonista del film, l’aspirante giornalista che alla fine abbandona il piccolo paesino del delitto, solo, ma a suo modo fiero che giustizia sia stata fatta, e a suo modo fiero di avercela fatta.


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