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lunedì 23 marzo 2009

Presentazione ciclo "Made in Usa"





Cosa unisce i 4 film di questo ciclo? Innanzitutto, il fatto di essere stati realizzati negli USA. La seconda cosa, di essere tutti film recenti, usciti in sala tra il 2007 e il 2008. La terza cosa, il fatto di essere dei film programmati nelle sale di mezzo mondo (con l’eccezione di Redacted, che riguarda però, almeno in Europa, solo l’Italia), quindi complessivamente visti da milioni di persone. La quarta cosa è relativa ai registi di questi film, tutti quanti considerati degli “autori” cinematografici, sebbene in misura e proporzioni diverse. La quinta cosa riguarda lo stile di questi film, ognuno dei quali ben definito, riconoscibile e personale; tutti i film sono in una certa misura “sperimentali” rispetto al circuito (mainstream) e al pubblico (medio) ai quali sono rivolti. Infine, tutti i film ci parlano, da punti di vista diversi, dell’America di oggi, o meglio, della recentissima America pre-Obama e pre-Crisi. Sono film che si confrontano con la guerra e le sue immagini (Redacted), con il terrore della fine (Cloverfield), con il mito per eccellenza della cultura popolare e musicale del dopoguerra, Bob Dylan (I’m not there), con l’assenza, di riferimenti, di affetti, di sogni (Paranoid Park).
I titoli di 3 di questi 4 film (solo I’m not there è uscito in Italia col titolo tradotto, Io non sono qui) sono stati lasciati in inglese. Non tanto un segno della colonizzazione anche linguistica che subiamo da oltreoceano, senz’altro – anche inconsapevolmente – un segno di prossimità rispetto ai temi affrontati. 4 film, fondamentalmente, che ci riguardano, molto più di quanto vogliamo pensare.

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mercoledì 15 ottobre 2003

Presentazione "Il fantasma del palcoscenico"

IL FANTASMA DEL PALCOSCENICO

(Brian DePalma)

Regia, soggetto e sceneggiatura: Brian DePalma. Fotografia: Larry Pizel. Montaggio: Paul Hirsen. Musica: Paul Williams. Interpreti: P. Williams, W. Finley, G. Memmoli, O. Oraham, J. Harper

Produzione: Harbor Production

Durata: 92’. USA 1974, col

Secondo film di De Palma ospite di KinoGlaz. Non è un caso che, come per la scelta di proiettare lo scorso anno Mission to Mars, anche Phantom of the Paradise sia una delle opere che meno rispondono alle peculiarità, notoriamente e spesso splendidamente hitchockiane, dell’autore. Un episodio, un film che in qualche modo fa storia a sé divenendo inimitabile e per questo plurimitato, un anticapolavoro ante-litteram che detiene una grandezza proprio nei suoi sprechi, nella ferocia con cui difende il suo non mostrarsi indispensabile. In fondo è la dimensione di molti lavori di De Palma: l’imbarazzo costante di non essere Hitchcock o Hawks, il pudore di non dare completo fondo al proprio talento perché, anche consumatolo fino all’ultima goccia, la lontananza concreta e ideale dai maestri sarebbe comunque manifesto di un peso sgraziato e pretenzioso. Da qui il coraggio di giocare, con risultati non di rado stupefacenti come ribadito nell’ultimo Femme Fatale, e osare con momenti costantemente importanti della storia del cinema attraverso meccanismi maledettamente moderni incastonati in una tradizione dimenticata di spettacolarità. Ripetizione, citazione, sberleffo. Anche nel caso de Il fantasma del palcoscenico la tradizione non è quella dell’incolore romanzo di Gaston Leroux del 1911, ma il percorso sterminato di quel cinema dei mostri che ha segnato una traccia netta nel breve viaggio del cinema novecentesco. La banalità del tutto apparente del sostrato pop-rock (con le musiche scritte dallo stesso protagonista), l’esagerazione delle coreografie della futura Carrie (Sissy Spacek), il montaggio frenetico, la regia che fa di tutto per non farsi notare, hanno in fondo caratteristiche consimili al protagonista stesso (del libro, del film, di tanti film) del falso fantasma: vivo, vegeto, umano, mortale, condannato all’eterna autorappresentazione (discografici permettendo…).

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