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mercoledì 20 novembre 2002

Presentazione "Paisà"

PAISÀ

(Italia, 1946, b/n, 125’)

R.: Roberto Rosselini

s: Victor Haines, Marcello Pagliero, Sergio Amidei, Federico Fellini, Roberto Rossellini, Vasco Pratolini

sc.: Sergio Amidei, Roberto Rossellini, Federico Fellini

f.: Otello Martelli

mus.:Renzo Rossellini

m.: Eraldo Da Roma

int.: Carmela Sazio, Robert Van Loon, John Klitzmiller, Alfonsino, MariaMichi, Far Moore, Harriet White, Renzo Avanzo, Bill Tubbs, dale Edmonds

p.: OFI/Foreign film Production/Capitani Film

"Cerco di reagire contro la debolezza che rende gli uomini prigionieri volontari -per non dire vittime-, per vigliaccheria o incoscienza, del loro desiderio di essere in armonia con tutto e con tutti. Per idolatria della regola viviamo nel continuo terrore di diventare l’eccezione, perché siamo abituati ad identificare l’uomo di cui si parla con l’uomo di cui si parla male" (R. Rossellini). Paisà non è un film neorealista come, del resto, non lo è nessun opera di Rossellini. Eccezione per qualsivoglia etichetta o periodizzazione, l’immensa opera prima e unica riconoscibile solamente nella sua complessità, e nella sua ripetizione, di uno dei maggiori artisti italiani del ‘900 è immediata costruzione di un punto di vista, di un pensiero soggettivo che inchioda lo sguardo alle sue responsabilità. L’indeterminatezza spazio-temporale, la dispersione in frammenti narrativi che tornano sul conflitto appena concluso, la regia spaziosa che si carica di elementi e personaggi forzatamente casuali, si adagiano su di un’aspirale che nella sua accelerazione conduce alla brutalità e ai silenzi dell’ultimo episodio (una delle più belle pagine di cinema di tutti i tempi). Immagini, quelle di Porto Tolle, che nella loro disperata voce, non ascoltata all’interno del film, si rivolgono a noi. Nella situazione più difficile di una morte senza lamenti, siamo costretti all’eversione, allo slancio creativo che costringe a una scelta; far finta di non vedere oppure credere a questo mondo, alle azioni e ai modi che possono cambiarlo per far sì che le acque del Po non si richiudano su se stesse, cancellando la lotta e la memoria.

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mercoledì 6 novembre 2002

Presentazione "Senso"

SENSO

(Italia 1954, col, 115’)

R.: Luchino Visconti

sc.: Luchino Visconti dal racconto di Camillo Boito

f.: G. R., Aldo, Robert Krasker

mus.: Giuseppe Verdi, Anton Bruckner

m.: Mario Serandrei

int.: Alida Valli, Farley Granger, Massimo Girotti, Heinz Moog, Rina Morelli, Marcella Mariani

p.: Lux Film

Opera cardine per la fine del ‘cosiddetto neoralismo’, Senso è un complesso contenitore scenico che esalta in maniere differenti argomenti e tratti stilistici assai distanti dalla realtà, storica e cinematografica, dell’epoca. L’Italia risorgimentale, ricostruita tra melodramma e riferimenti pittorici, accoglie nello sfarzo consumato dell’ambientazione viscontiana un’inquieta dispersione dai due volti. La dimensione intima e soggettiva dei protagonisti, che si muovono in maniera autonoma e inconsapevole nella riedificazione storica, è specchio di un’immagine dilaniata dall’estraneità di una società che ignara ripetutamente la propria presenza. I sentimenti divengono facili e incomprensibili. La politica e la guerra sibilano silenziosi come un sottofondo, soffocati dal vano e debole inseguimento di una vaga tensione personale. Un film ‘bello’, ancora eccezionalmente seducente, che proprio per la sua vistosità restituisce il senso macabro dell’abbandono, la paura di rimanere al di fuori del mondo, al di fuori di sè.

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