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mercoledì 5 dicembre 2001

Presentazione "Gangster Story"

Gangster story
(Bonnie and Clyde)

Regia: Arthur Penn

Sceneggiatura: David Newman, Robert Benton

Direttore della fotografia: Burnett Guffey

Scenografia: Dean Tavoularis, Raymond Paul

Musica: Charles Strouse

Canzoni: Foggy Mountain Breakdown (Flatt and Scruggs), Night Wind, The Shadow Waltz, One Hour with You: Eric Weissberg con la sua chitarra. Ginger Rogers canta We’re in the Money in uno spezzone di Gold Diggers of 1933

Montaggio: Dede Allen

Costumi: Theodora Van Runkle, Andy Maatyasi, Norma Brown

Effetti speciali: Danny Lee

Interpreti: Warren Beatty (Clyde Barrow), Faye Dunaway (Bonnie Parker), Michael J. Pollard (C.W. Moss), Gene Hackman (Buck Barrow), Estelle Parsons (Blanche Barrow), Denver Pyle (sceriffo Frank Hamer), Dub Taylor (Ivan Moss), Evans Evans (Velma Davis), James Stiver (il padrone della drogheria), Gene Wilder (Eugene Grizzard, l’ostaggio)

Produzione: Warren Beatty per Warner Bros (Tatira/Hiller Production)

Distribuzione: Warner/Seven Arts

Origine: USA (presentato nel luglio 1967)

Durata: 111’

Girato in gran parte a Dallas, Texas. 2 Oscar nel 1967: migliore attrice non protagonista (Estelle Parsons) e migliore fotografia (Burnett Guffey).

Bonnie e Clyde, due banditi in rivolta contro l’ipocrisia di un mondo perbenista, appiattito dalla tranquillità imposta dall’ordine costituito. Due fuorilegge lontani dalla criminalità organizzata delle metropoli, anche se di questa assumono molti stereotipi, ma piuttosto vicini a quei cowboys in costante movimento attraverso gli spazi aperti del far west americano. I cavalli vengono sostituiti da auto veloci e scattanti. Le diligenze e i saloon, dalle banche e dai drugstores. Delle bande metropolitane in guerra contro il proibizionismo imposto dal governo, Bonnie e Clyde imitano le movenze, l’abbigliamento, la gestualità. L’estetica di un Al Capone è tuttavia inserita in un contesto totalmente diverso, tanto che spesso questa riproduzione ne mostra i limiti e le contraddizioni.

La selvaggia disperazione dei due banditi affonda infatti le sue radici nelle terre puritane del sud e del midwest degli Stati Uniti d’America, società costretta nella normalità, in cui il minimo slancio anticonformista può rappresentare per l’istituzione una rivoluzione tale da necessitare una repressione violenta e esemplare. La gente del sud, ridotta alla povertà dalla Depressione, viene sradicata dalle sue terre e si vede la propria casa venir confiscata dalle banche. E’ questa desolazione sociale e esistenziale a far da sfondo alla scelta di una vita nell’illegalità e nella clandestinità assunta dalla coppia. Scelta che se nasce per un incontro casuale dei due, diventa ben presto una scelta morale, fuori dai canoni voluti dalla società. Il viaggio non è dunque solo fuga, ma occasione di crescita personale e di presa di coscienza per i due personaggi. Bonnie e Clyde non scappano solo dalla polizia, ma anche dalla vita che qualcuno avrebbe voluto per loro, assumendosi tutti i rischi che questo atto comporta. Anche la morte, morte che arriva per un’infame delazione.

Bonnie e Clyde diventano così parte del mito, entrando con forza nell’immaginario collettivo. Accade che sia la morte a determinare il passaggio definitivo dell’uomo dalla realtà alla leggenda. Qui la costruzione del mito si avvia con gli eroi ancora in vita; le istituzioni (la polizia, le contee, la stampa) avviano un processo di mitizzazione attribuendo alla coppia reati che essa non ha compiuto. La polizia enfatizza e mistifica a tal punto le azioni dei due banditi, che nemmeno loro riusciranno a riconoscersi nelle descrizioni offerte dai giornali. Clyde si renderà conto di essere un fuorilegge da ciò che scrive la stampa, ma purtroppo si accorgerà di averlo capito troppo tardi.

I due banditi diventano figure leggendarie nel corso del film (nel corso della loro esistenza), cosicché la morte non fa che suggellare e rendere eterno qualcosa che era già parte della vita. Il film, con immagini evanescenti e sfuocate di un ricordo che fatica a tornare, riproduce la realtà di un mito, posando il suo sguardo su una vita che mentre si fa, diventa leggenda. L’esistenza, resa eterna nel suo divenire mito, moltiplica grazie al cinema le sue potenzialità di memoria. Così la morte, che violentemente rallentata sembra non finire mai per poter diventare infinita.

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Manifesto "Gangster Story"

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mercoledì 28 novembre 2001

Presentazione "Salvatore Giuliano"

Film sull’ambigua figura di Salvatore Giuliano, la cui storia lo vede dapprima dedito al banditismo, quindi abbracciare il movimento indipendentista siciliano per poi finire al soldo degli americani e degli interessi congiunti di mafia locale e politica democristiana.

Si è assistito, specie negli ultimi tempi, ad una certa canonizzazione del personaggio ad eroe dell’immaginario popolare (forse più italoamericano che siciliano); per comprendere quest’ultimo punto urge il confronto col più recente e conosciuto (almeno per un pubblico non cinefilo) IL SICILIANO (Michael Cimino, USA 1987), dove si pretende di poter sospendere la correttezza storica in favore di un impianto spettacolare e di un Giuliano caliente latin lover incarnato nel corpo di Christopher Lambert. Niente di tutto questo nel film di Rosi, girato sul set degli eventi una decina d’anni dopo il loro accadere, e interpretato (per quanto riguarda la massa delle comparse) dagli stessi protagonisti che lo vissero sulla propria pelle. Nulla viene sacrificato all’esigenza della correttezza storica nella resa narrativo-spettacolare di quello che può ben definirsi uno dei più esemplari dei “misteri d’Italia”.

Uno dei momenti culminanti del film – per la pregnanza con cui vengono coniugati correttezza storica e morale filmica – è la sequenza riguardante l’eccidio di Portella delle Ginestre; ad un preambolo dove assistiamo allo scarno dialogo tra due banditi sull’ordine di Giuliano “di sparare ai comunisti, segue l’esposizione filmica dell’evento mostrato dal punto di vista di chi l’ha subito: come dire che sappiamo chi ha voluto e gestito un’infame strage, ma allo stesso tempo ribadire che uno solo è il punto di vista moralmente giusto da cui dover mostrare un simile accadimento e a cui poter prestare il proprio sguardo (a riprova - se ancora ce ne fosse bisogno – che esiste un solo punto GIUSTO nello spazio da cui filmare un evento).

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Manifesto "Salvatore Giuliano"

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mercoledì 21 novembre 2001

Presentazione "Pat Garrett e Billy Kid"

PAT GARRETT E BILLY THE KID (Pat Garrett and Billy the Kid, USA, col., 1973)

Regia: Sam Peckinpah

Soggetto e sceneggiatura: Rudolph Wurlitzer, Sam Peckinpah

Fotografia: John Coquillon

Montaggio: Roger Spottiswoode e altri

Musica: Bob Dylan

Interpreti: James Coburn (Pat Garrett), Kris Kristofferson (Billy the Kid), Bob Dylan (Alias), Richard Jaeckel, Katy Jurado, Slim Pickens, Jason Robards, Jack Elam, Emilio Fernandez

Produzione: A Gordon Carroll/Sam Peckinpah Production, MGM

Durata: 106 minuti (v.o. 123 minuti)

Tipico esempio di cineasta “medio”, Peckinpah realizza con questo film un’opera degna di essere ricordata fra quei pochi western prodotti dopo la fine dello studio-system hollywoodiano capace di non sfigurare accanto ai classici di Ford, Hawks o Anthony Mann. A differenza di molti suoi predecessori (ad esempio lo Stevens de Il cavaliere della valle solitaria) e contemporanei (l’Altman de I compari) Peckinpah assume il genere in quanto tale, limitandosi a caricarne i luoghi comuni, senza tuttavia scivolare nella parodia, nel dissacrante, o peggio ancora in quell’intellettualismo che si vorrebbe di sinistra e che tanti danni ha procurato al cinema e ai suoi spettatori.

Nel film di Peckinpah ci sono due pistoleri, che un tempo erano amici. Il conflitto è determinato da due scelte ben precise: una è quella di Garrett, che decide di passare dalla parte del padrone, il quale lo premia dandogli la stella da sceriffo; l’altra è quella di Billy, che sceglie invece di restare coi suoi compagni, ormai tutti ricercati e fuorilegge. Da qui in avanti sarà tutto un lungo inseguimento, con duelli e sparatorie, fino all’inevitabile epilogo.

È un film, questo di Peckinpah, che una volta tanto mostra con chiarezza che si è ciò che si fa e non ciò che si pensa. Gli alibi lasciamoli agli sceriffi e alle loro coscienze di anime belle.

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Manifesto "Pat Garrett e Billy Kid"

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mercoledì 14 novembre 2001

Presentazione "Il terrorista"

IL TERRORISTA (Italia 1963)

R.: Gianfranco De Bosio;

s.,sc.: G. De Bosio, Luigi Squarzina;

f.: Alfio Contini, Lamberto Caimi;

mus.:Pietro Piccioni;

scg.: Misha Scandella;

m.: Carlo Colombo;

int.: Gian Maria Volontè, Philippe Leroy, Giulio Bosetti, Raffaella Carrà, Josè Quaglio, Cesare Miceli Picardi;

p.: Dicembre Cinematografica/Galatea/Societé Cinematographique Lyre.

Quest'opera anomala e solitaria nella fragile esperienza cinematografica nazionale ritrova oggi una grande importanza proprio nell'essere un'eccezione su ogni fronte. Un fatto unico per gli autori De Bosio e Squarzina, entrambi uomini di teatro, che hanno scelto l'aspetto forse meno trattato della Resistenza in un periodo in cui l'interesse del cinema per questi avvenimenti era sgonfiato da tempo. Dopo i film più (De Sica) o meno (Rossellini) neorealisti che riflettevano sulla guerra e le sue conseguenze, l'immagine della Resistenza aveva connotazioni di spontaneità popolare dove l'azione antifascista faceva a meno di interrogarsi, di creare ruoli, gerarchie, eroi, ed il Partigiano divenne un uomo qualunque, senza classe sociale, nome, titolo di studi o professione, semplicemente Partigiano. In questo film, a partire dall'assoluto del titolo, è proprio questa spontaneità accanita a creare l'eccezione: l'ingegnere Renato Braschi. Ma non è soltanto il protagonista la scelta diversa compiuta dagli autori; Venezia glaciale e anonima, senza le gondole e piazza San Marco è anch'esso luogo e territorio esclusivo che nulla ha da spartire con la quieta meta di turismo nota oggi come negli anni'60. Il volto impassibile, lo sguardo duro, le poche parole; Gian Maria Volontè accentua anche nella recitazione la propria diversità (di scelta di lotta e d'attore), l'irrimediabile condizione di solitudine dell'autentica guerra spontanea che nel film appare molto lontana dai piccoli o grandi interessi all'interno del CLN con cui l'ingegnere non verrà mai in contatto. Se da un lato la messa in scena di De Bosio accusa la difficoltà di reggere un discorso con il linguaggio cinematografico del proprio tempo ha l'indiscussa qualità di sottrarsi con umiltà dal dibattito girando un film corretto, che mai abusa dei facili mezzi retorici e colonialisti dello spettacolo. L'ultima sequenza è forse la più diretta chiave di lettura della regia: poche inquadrature silenziose incorniciano il tragico epilogo, immagini semplici, severe come Renato Braschi che cade in un attimo, poco prima che la macchina da presa torni su quella Venezia che proprio non riesce a riprendere e su quel mare che non può che rievocare l'ultima immagine di Paisà. Ciò che forza a riflettere è il fatto che proprio il terrorista è l'unico che si interroga lucidamente sul futuro mostrando il timore della società che verrà dopo la certa vittoria contro i fascisti: "...pace e benessere fanno comodo a tutti..." dice alla moglie temendo che pane e minestra possano portare in altro modo il popolo ad accettare serenamente il peggior stato di cose, questa considerazione era chiaramente un riferimento al periodo in cui il film fu girato (1963) ed una critica all'assenza di militanza in cambio dei beni (cioè mali) del galoppante regime capitalista. Malgrado la partecipazione al festival di Venezia ed alle diverse critiche positive ottenute alla sua uscita questo film fu nell'immediato poco visto e subito dimenticato.

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MANIFESTO INAUGURAZIONE

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PRIMO MANIFESTO KINOGLAZ

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lunedì 1 ottobre 2001

LOGO KINOGLAZ



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ELENCO FILM PROIETTATI

Le proiezioni cominciarono nel novembre 2001; il giorno e l'ora sono sempre stati mercoledì, 21.30, Csoa Askatasuna (TO).


2001/2002

Il terrorista (Gianfranco De Bosio)
Pat Garrett e Billy Kid (Sam Peckinpah)
Salvatore Giuliano (Francesco Rosi)
Gangster story (Arthur Penn)
Il buco (Jacques Becker)
La grande illusione (Jean Renoir)
Un condannato a morte è fuggito (Robert Bresson)
Il ladro (Alfred Hitchcock)
Detour (Edgar G. Ulmer)
La sanguinaria (Joseph H. Lewis)
Jack Diamond gangster (Budd Boetticher)
Fortini/cani (Jean-Marie Straub e Daniéle Huillet)
La società dello spettacolo (Guy Debord)
La via lattea (Luis Buñuel)
Furore (John Ford)
Sicilia (Jean-Marie Straub e Daniéle Huillet)
Fantasmi da marte (John Carpenter)
Rosemary’s baby (Roman Polanski)
Non aprite quella porta (Tobe Hooper)

2002/2003

Simon del deserto (Luis Buñuel)
I compagni (Mario Monicelli)
I fidanzati (Ermanno Olmi)
Ghost in the shell (M. Oshii)
Banditi a Oorgosolo (Vittorio De Seta)
Senso (Luchino Visconti)
Il fascino discreto della borghesia (Luis Buñuel)
Paisà (Roberto Rossellini)
Jackie Brown (Quentin Tarantino)
Dalla nube alla resistenza (Jean-Marie Straub e Daniéle Huillet)
Frank Costello, faccia d’angelo (Jean-Pierre Melville)
Il fantasma della libertà (Luis Buñuel)
Così ridevano (Gianni Amelio)
Mullholland Drive (David Lynch)
Una vita difficile (Dino Risi)
Gangs of New York (Martin Scorsese)
Pinocchio (Carmelo Bene)
eXistenZ (David Cronenberg)
I pugni in tasca (Marco Bellocchio)
I figli della violenza (Luis Buñuel)
Il caso Mattei (Francesco Rosi)
Genealogia di un crimine (Raul Ruiz)
Sangue vivo (Edoardo Winspeare)
Missione su Marte (Brian DePalma)
Cadaveri eccellenti (Francesco Rosi)

2003/2004

F for Fake (Orson Welles)
Il fantasma del palcoscenico (Brian DePalma)
M, il mostro di Dusseldorf (Fritz Lang)
HonkyTonk Man (Clint Eastwood)
La morte corre sul fiume (Charles Laughton)
Velvet Goldmine (Todd Haynes)
Il tagliagole (Claude Chabrol)
Cane bianco (Samuel Fuller)
La jetée (Chris Marker)
In principio (Artavadz Pelechian)
Cops (Buster Keaton)
Un chien andalou (Luis Buñuel)
Sur les passages… (Guy Debord)
Germania anno zero (Roberto Rossellini)
2 o 3 cose che so di lei (Jean-Luc Godard)
Lezioni di storia (Jean-Marie Straub e Daniéle Huillet)
Appuntamento a Belleville (Sylvain Chomet)
La città incantata (Hayao Miyazaki)
I racconti della luna pallida d’agosto (Kenji Mizoguchi)
Le prime bande (Paolo Gobetti)
Una moglie (John Cassavetes)
Persona (Ingmar Bergman)
Le notti di Cabiria (Federico Fellini)
Eva contro Eva (Joseph L. Mankiewicz)
Assassinio di un allibratore cinese (John Cassavetes)

2004/2005

La guerra lampo dei fratelli Marx (Leo Mc Carey)
Notre Musique (Jean-Luc Godard)
Mystic River (Clint Eastwood)
Big Fish (Tim Burton)
Un film parlato (Manoel de Oliveira)
Il ritorno di Cagliostro (Ciprì e Maresco)
Moonlighting (Jerzy Skolimowski)
J’entends plus la guitare (Philippe Garrel)
Cancer (Glauber Rocha)
I nostri anni (Daniele Gaglianone), con la presenza del regista
La paura mangia l’anima (Rainer Werner Fassbinder)
Cosa avete fatto a Solange? (Massimo Dallamano)
Reazione a catena (Mario Bava)
Il profumo della signora in nero (Francesco Barilli)
Milano calibro 9 (Fernando di Leo)

2006/2007

Les parapluies de Cherbourg (Jacques Demy)
Dillinger è morto (Marco Ferreri)
Il diritto di uccidere (Nicholas Ray)
Il bruto e la bella (Vincente Minnelli)
La mia notte con Maud (Eric Rohmer)
Cul de sac (Roman Polanski)
Parco Lambro (Alberto Grifi)
Ici et ailleurs (Jean-Luc Godard)
Germania in autunno (Autori vari)
L'uomo con la macchina da presa (Dziga Vertov)
Il ritorno del figlio prodigo/Umiliati (Jean-Marie Straub/Daniéle Huillet)
estratti da J'ecoute (Giulio Bursi) con la presenza di Giulio Bursi
The fog of War (Errol Morris)
La caduta degli dei (Luchino Visconti)
Rapporto confidenziale (Orson Welles)
L'angelo sterminatore (Luis Bunuel)

2008/2009

Redacted (Brian De Palma)
I'm not there (Todd Haynes)
Cloverfield (Matt Reeves)
Paranoid Park (Gus Van Sant)
L'angelo azzurro (Josef von Sternberg)
Las Hurdes (Luis Bunuel)
La pericolosa partita (E. B. Schoedsack/I. Pichel)
Il testamento del dottor Mabuse (Fritz Lang)
La regola del gioco (Jean Renoir)

2009/2010

Hunger (Steve McQueen)
Exiled (Johnnie To)
United Red Army (Koji Wakamatsu)
The Limits of Control (Jim Jarmusch)
Cure (Kiyoshi Kurosawa)
Beau travail (Claire Denis)
Pierrot le fou (Jean-Luc Godard)
Femmina folle (John M. Stahl)
Rififi (Jules Dassin)
Contratto per uccidere (Don Siegel)
Tutte le ore feriscono... l'ultima uccide (Jean-Pierre Melville)
Sans Soleil (Chris Marker)
Terra in trance (Glauber Rocha)

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