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mercoledì 12 marzo 2003

Presentazione "Il fantasma della libertà"

IL FANTASMA DELLA LIBERTÀ
(Le fantôme de la liberté, Francia 1974, col, 103’)
R. s.: Luis Buñuel
sc.: Luis Buñuel, Jean-Claude Carriére
f.: Edmond Richard
m.: Hélène Plemiannikov
int.: Bernard Verley, Paul Frankeur, Milena Vukotic, Michel Piccoli
p.: Greenwich Film

«Omaggio discreto a Karl Marx» che nel titolo richiama il celeberrimo esordio del Manifesto, già evocato da un passaggio de La via lattea, questo film oltre ad essere uno dei preferiti del regista è anche una tra le sue opere più complesse, stupefacenti e ambiziose. Costruito da episodi totalmente inorganici, antinarrativi, quasi quadretti impazziti come schegge incontrollabili e letali di una società esplosa, Il fantasma della libertà ci riporta alla sintesi estrema, al grado zero della riflessione di Buñuel. L’azione e l’impulso annullano qualsiasi psicologismo, la messa in scena tende ad annullarsi, anch’essa vittima dell’infinito inseguimento di quello ‘spettro’ la cui assenza ci mostra il vero volto di una realtà alla deriva. Il surrealismo non è mai stato così concreto e naturalista. L’educazione delle ‘forze dell’ordine’, la mitomania della società borghese autolegittimata dalla condivisione collettiva della produzione di merda, l’invisibilità tangibile della sovversione infantile, l’esaltazione della massa per lo stragismo ingiustificabile come l’iniziale guerra di liberazione che farà gridare ai presunti ‘liberati’: «Viva le Catene!» (di cui gli USA stanno per darci un nuovo e infame esempio), non sono altro che le manifestazioni primarie e impulsive della deflagrazione, se preferite defecazione, dell’accumulo del consumo liberista: cieco, inorganico, irraccontabile, capace di creare e distruggere senza differenze di sorta. Certo ci si trova una perfetta continuità con i film dell’autore che fino ad oggi hanno attraversato il Cineforum: «A ripensarci oggi mi sembra che La via lattea, Il fascino discreto della borghesia, Il fantasma della libertà, che sono nati da tre soggetti originali, formino una specie di trilogia, o meglio di un trittico, come nel Medioevo. Nei tre film si ritrovano gli stessi temi, a volte anche le stesse frasi. Parlando tutti e tre della ricerca della verità, che bisogna fuggire appena si crede di averla trovata, dell’implacabile rituale sociale. Parlano tutti e tre della ricerca indispensabile, del caso, della morale personale, del mistero che bisogna rispettare». Tutto ciò che resta sarà uno struzzo e il suo sguardo vuoto e desolante ci sembra tutt’oggi il più lucido e consapevole del deserto buñueliano. Uccidere lo struzzo e sovvertire sono le uniche armi che ci restano, basta usarle fino in fondo.

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