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lunedì 27 agosto 2007

"LA SCONOSCIUTA" di Giuseppe Tornatore, 2006

Molti anni fa ebbe rilievo un articolo in cui Goffredo Fofi si scagliava contro il cinema di quelli che lui chiamò i "Tornatores" (Tornatore e Salvatores), che in quel periodo venivano osannati dai media italiani grazie agli inattesi oscar per Nuovo cinema paradiso e Mediterraneo, denunciando - se la memoria non mi inganna - il progressivo appiattimento della critica nostrana su posizioni di regime, che all'epoca parlava dei due registi sopra citati come dei nuovi Fellini del cinema italiano. Era quello un periodo - primi anni novanta del Novecento - in cui le poche sale rimaste aperte tornavano ogni tanto miracolosamente a riempirsi di spettatori nei fine settimana e il lunedì sera (con il biglietto ridotto per tutti), dopo la catastrofe degli anni ottanta. C'era un pò di ottimismo, insomma. Detto questo, quale era il difetto di Tornatore e Salvatores, secondo Fofi? Il difetto era quello di essere come i loro critici adulatori, cioè accomodanti e conciliatori, dei Pippo Baudo in erba, alla fine dei conti non dei veri intellettuali. Probabilmente era così, ma a questo punto va detto: Salvatores, e soprattutto Tornatore, per quanto manieristi, per quanto "sponsorizzati" sono due registi che si sono consapevolmente mossi con l'obiettivo di occupare uno spazio lasciato vuoto all'interno del panorama cinematografico nazionale - il cinema come spettacolo - mentre decine di altri si affannavano a realizzare film "impegnati" per la sempre meno tollerante élite piccolo borghese di sinistra, raccontando di piccolissimi drammi famigliari, di solidarietà fra ricchi e poveri perchè i soldi non sono tutto, di delicate e commoventi storie d'amore fra muratori pugliesi e prostitute albanesi. Dal punto di vista della sopravvivenza loro e del cinema mainstream, avevano ragione i "Tornatores".

Fra i due cineasti, il più ambizioso e dotato, quello che davvero vorrebbe essere Fellini ma che per fortuna ha capito di non esserlo, è Giuseppe Tornatore. Il suo ultimo film La sconosciuta, non solo diretto ma anche scritto e sceneggiato, è un thriller, un buon thriller. Per non lasciare dubbi sui modelli di riferimento, le musiche citano Psycho e le immagini Vertigo. Nei momenti più a rischio di una trama che poteva offrire molti alibi, Tornatore calca sì la mano, ma senza deformare, mostra ma senza cedere al voyeurismo più gretto. Dirige molto bene un cast di qualità per gli standard attuali e soprattutto utilizza il montaggio, per creare inquietudine o suspense, a seconda dei casi. Dopo la prima ora molto è già stato svelato e si procede per colpi di scena più o meno riusciti piuttosto che per reale sviluppo drammaturgico. Il film perde la compattezza iniziale, ma tuttavia non ci si annoia.
Ispirato da un trafiletto su un giornale, La sconosciuta è anche la storia dell'inferno quotidiano di una schiava nell'Italia del duemila.

Un pò come era stato per Michele Placido con Romanzo criminale, Tornatore riesce nella lodevole impresa di offrirci un film molto più dignitoso o al limite più "di sinistra" di tutto quanto quel cinema (Moretti, Benigni, S. Guzzanti, Luchetti ecc.) che tanto piace alla società civile di oggi. Dato il contesto attuale, non è poco.


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