"LASCIAMI ENTRARE" di Tomas Alfredson, 2008
Secondo la stragrande maggioranza dei critici cinematografici italiani (e non solo), Lasciami entrare è un bellissimo film. Per il quotidiano "Liberazione" Lasciami entrare è addirittura "il miglior film dell'anno". Per noi del Kinoglaz Cineforum, invece (e ci spiace dirlo), Lasciami entrare risulta essere, alla fine, null'altro che il tipico film "medio", quello che scivola senza lasciare tracce, noioso ma non troppo, "d'autore" ma digeribile, "contro" ma conciliante (con lo spettatore). Il classico prodotto indicato per i frequentatori delle platee dei festival.
Lasciami entrare è un film sui vampiri ma non è un horror, è una storia d'amore ma non è un melodramma, è commerciale ma di nicchia.
Saremo forse insensibili rispetto a certe corde, ma non abbiamo assolutamente trovato il film commovente (come invece hanno scritto in tantissimi), tanto meno emozionante. Anzi, per certi versi lo abbiamo trovato persino fastidioso. Questo perchè diffidiamo delle love stories che tendono all'assoluto, diffidiamo dell'amore trascendente, del sentimento puro (ovvero, senza sesso), che non conosce limiti e che noi, esseri imperfetti, non pratichiamo.
Eppure Lasciami entrare parte bene: il buio, la neve, una voce off, due passeggeri su un taxi, un palazzo popolare, un bambino alla finestra: è l'arrivo del vampiro.
Il giorno dopo, la scuola, il bambino di spalle, un poliziotto stupido fa una domanda, il bambino risponde. Poi, su una panchina, due bambini lottano. Vediamo solo le loro gambe: entra in scena il cattivo.
Da qui in avanti, il film procede sulla falsariga dell'incipit, con distacco e freddezza, ma senza scosse (a meno che qualcuno si emozioni per dialoghi tipo: "Ho 12 anni, ma da un sacco di tempo"). Aspettiamo invano il cambio di marcia, lo scarto, il momento in cui - come scriveva Serge Daney - sia permesso a noi spettatori di "entrare" nel film.
Noi, spettatori, dobbiamo restare fuori. Dentro, resteremmo delusi. Delusi perchè un regista svedese che cita Persona alla quarta inquadratura, se "gioca" con lo spettatore, o ha in mano almeno un poker, oppure sta bluffando. Inutile dire che propendiamo per la seconda ipotesi.
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Saremo forse insensibili rispetto a certe corde, ma non abbiamo assolutamente trovato il film commovente (come invece hanno scritto in tantissimi), tanto meno emozionante. Anzi, per certi versi lo abbiamo trovato persino fastidioso. Questo perchè diffidiamo delle love stories che tendono all'assoluto, diffidiamo dell'amore trascendente, del sentimento puro (ovvero, senza sesso), che non conosce limiti e che noi, esseri imperfetti, non pratichiamo.
Eppure Lasciami entrare parte bene: il buio, la neve, una voce off, due passeggeri su un taxi, un palazzo popolare, un bambino alla finestra: è l'arrivo del vampiro.
Il giorno dopo, la scuola, il bambino di spalle, un poliziotto stupido fa una domanda, il bambino risponde. Poi, su una panchina, due bambini lottano. Vediamo solo le loro gambe: entra in scena il cattivo.
Da qui in avanti, il film procede sulla falsariga dell'incipit, con distacco e freddezza, ma senza scosse (a meno che qualcuno si emozioni per dialoghi tipo: "Ho 12 anni, ma da un sacco di tempo"). Aspettiamo invano il cambio di marcia, lo scarto, il momento in cui - come scriveva Serge Daney - sia permesso a noi spettatori di "entrare" nel film.
Noi, spettatori, dobbiamo restare fuori. Dentro, resteremmo delusi. Delusi perchè un regista svedese che cita Persona alla quarta inquadratura, se "gioca" con lo spettatore, o ha in mano almeno un poker, oppure sta bluffando. Inutile dire che propendiamo per la seconda ipotesi.