Si sapeva che prima o poi Michael Mann avrebbe diretto un film tratto dalla fortunata serie tv Miami Vice, di cui fu il produttore esecutivo. Si immaginava anche che non sarebbe stato un capolavoro. Preparati a una serata di puro intrattenimento non possiamo però nascondere il sentimento di delusione che ci ha assalito al termine della visione.
Miami vice pare sia stato pensato e girato in modo molto più simile a un qualunque film di James Bond che non a
Manhunter o anche solo
Collateral, e in casi come questi non è sufficiente riproporre i segni di riconoscimento, i tocchi di classe, le tracce d'autore che differenziano il prodotto puramente commerciale e anonimo con qualcosa di più significativo e personale, per fare di un film mediocre un film medio.
Certo, il
cinéphile capisce immediatamente che si trova di fronte a un film di Michael Mann, non c'è dubbio - le riprese in elicottero della città di notte, gli appartamenti vuoti con i finestroni che danno sul mare, la passione travolgente e impossibile confrontata con l'amore coniugale, ecc. Ma ciò che egli riconosce è la maniera del regista, l'autocitazione, che non svela più una poetica ma si limita a accondiscendere il gusto dello spettatore preparato. Copiarsi è altro dal ripetersi, e così di questo film restano in mente più che i momenti gradevoli quelli maggiormente noiosi, come l'incredibile viaggio in motoscafo da Miami a Cuba che Colin Farrell e la sua bella improvvisano per togliersi lo sfizio di bersi un mojito all'Havana, e finalmente accoppiarsi.
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