Presentazione "Mani in alto"
MANI IN ALTO
Rece do góry
(seconda versione, 1981)
Regia: Jerzy Skolimowski; Sceneggiatura: Jerzy Skolimowski, Andrzej Kostenko; Fotografia: Witold Sobocínski, Andrzej Kostenko; Montaggio: Z. Piórecki, G. Jasińska, K. Rutkowska, J. Ignatcenko; Musica: K. Penderecki, K. Komeda; Produzione: Gruppo «Syrena», Polonia, 1981
Interpreti: Jerzy Skolimowski (Andrzej Leszczyc, «Zastawa», se stesso nel prologo); Joanna Szczerbic («Alfa»); Adam Hanuszkiewicz («Romeo»); Bogumil Kobiela («Wartburg»); Tadeusz Lomnicki («Opel Rekord»).
Per cominciare, è doverosa una premessa sulle vicissitudini che hanno segnato il percorso di questo film. A due settimane dalla presentazione ufficiale al festival di Venezia del 1967 (dove il film partiva favorito per il Leone d’oro) Mani in alto venne proibito dalle autorità polacche, e ritirato dal concorso. Solo quattordici anni più tardi, nel 1981, il film fu liberato dalla censura e potè quindi finalmente essere visto. Skolimowski, per l’occasione, oltre ad aggiungere un prologo girato nella sua casa di Londra e a Beirut, decise di rimontare il film, di tagliarne alcune sequenze e di effettuare un viraggio a seppia della pellicola. Dopo una tiepida accoglienza al festival di Danzica (Skolimowski sperava in un sostegno politico da parte di Solidarnosc, che invece gli fu negato), il film venne presentato in un cinema di Varsavia, dove però rimase in cartellone solo un giorno. I carri armati sovietici erano infatti appena entrati in città, ragion per cui Mani in alto fu nuovamente ritirato dalla circolazione e mai più distribuito.
Cinque amici (quattro uomini e una donna), dopo una festa, salgono su un treno merci, diretti non si sa bene dove. Il viaggio è l’occasione per un tirare un bilancio della vita di ciascuno di essi, e più in generale del rapporto di una generazione con il proprio passato. Questa, in sintesi, la trama del film. Skolimowski, che non si è mai trovato a proprio agio con le narrazioni tradizionali, anche in questo caso dà libero sfogo a una creatività impulsiva unica nel suo genere, personalissima e affascinante. Mani in alto avanza per invenzioni plastiche e visive sorprendenti, dando continuamente la sensazione allo spettatore di essere di fronte a un’opera che utilizza il mezzo cinema con una libertà che nulla ha a che vedere con il vezzo narcisistico del discorso metacinematografico. Un film “innocente”, che è costato al suo autore l’esilio dalla propria terra ed una carriera, da allora, sempre in salita.
p.s. La proiezione non si potè tenere per cause di forza maggiore, e non riuscimmo a recuperarla.
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