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martedì 1 gennaio 2008

"1977. IMMAGINI PER UN DIARIO RITROVATO" di Benini, Lo Sardo, Malfatto


SENZA ARTE NE' PARTE
Miseria di un documentario tv

Per il ciclo La grande storia è andato in onda ieri sera (30 dicembre 2007) su raitre un documentario intitolato 1977. Immagini per un diario ritrovato. Gli autori accreditati sono ben tre: Roberto Benini, Francesco Lo Sardo e Roberto Malfatto. Quest'ultimo in un'intervista ha dichiarato:

Volevamo restituire un clima, far vivere quelle emozioni anche a chi all’epoca non c’era ed è stato possibile grazie al materiale di privati, oltre a quello delle Teche Rai, che siamo riusciti a ritrovare. Non volevamo fare un film ‘politico’, esprimere giudizi anche se molte immagini sono abbastanza eloquenti perché il pubblico, un’idea, possa farsela da solo. Non è un film solo sul movimento ma in generale su un periodo che a nostro parere ha segnato la storia molto più del ‘68.

Ebbene, l'obiettivo che i tre si erano posti è stato certamente mancato.
E' sempre alquanto fastidioso scoprire che persone che hanno vissuto quell'anno così particolare siano capaci di ridurre un'esperienza collettiva di enorme rilevanza e significato storico come quella del movimento del 77 in pochi e scontati luoghi comuni. In questo caso specifico, la complessità e il peso di quell'esperienza non si riesce più a porre in relazione con la realtà vissuta in quanto la prima è costretta nella carreggiata di una sorta di autostrada della visione in cui ogni asperità viene accuratamente appianata dal rullo compressore dell'ideologia buonista di cui i tre autori sono portatori consapevoli. Ecco allora come comunisti, fascisti, politici, giornalisti, studenti, femministe, poliziotti e carabinieri finiscono uniti "tutti insieme appassionatamente" in uno spettacolo di amore e morte che ha da comunicare un solo inutile messaggio: "Anche noi [i "registi"] c'eravamo". Dove e come non ci è dato saperlo.
Se poi si scende su un piano tecnico-estetico la situazione, se possibile, peggiora. Il film non è altro che una confusa accozzaglia di immagini d'epoca (tra l'altro per il 90% viste e riviste) sostenute da un'interminabile e ridondante susseguirsi di celeberrime canzoni rock, e commentate da un testo scritto ad hoc, per giunta "recitato" da un'attrice da filodrammatica con tanto di leggio d'ordinanza, e che senza alcun rispetto per l'intelligenza dello spettatore, viene pure inquadrata mentre esegue i "pezzi di bravura".
Nel film è totalmente assente una qualunque idea portante degna di essere chiamata tale, così come sono assenti senso della durata dell'inquadratura, del ritmo, dell'intensità, ipotesi di montaggio ecc. In breve, è assente un benchè minimo straccio di stile. Uno dei vertici di tanta miseria ce lo forniscono le immagini del funerale di Giorgiana Masi, quando durante il corteo funebre un sapiente rallenti (o una zoomata, non ricordiamo più con precisione) indugia su uno dei giovani che porta la bara, che altri non è che il famoso Francesco Rutelli... E che dire poi dell'epilogo, in cui una selezione delle immagini appena mostrate vengono rimontate (si fa per dire) sulle note di Like a rolling stone (anch'essa, senza pietà, malamente tranciata a metà per farci riascoltare il ritornello)?
Il film si conclude con una frase, falsa, ottusa e paradossale come tutto il documentario: "Di tutto ciò che ha caratterizzato quest’anno, resterà solo il ricordo della violenza".
Falsa perchè per sfortuna degli autori ci sono ancora molte persone che di quell'anno, oltre a ricordare tante altre cose, sono capaci di rivendicarne tutta la ricchezza e le contraddizioni (e non solo la parte commestibile, quella buona per la tv); ottusa perchè vorrebbe farci credere che scivolare sulla superficie degli eventi equivalga a parteciparvi (e allora puntuale il rammarico che la Storia non riesca a piegarsi al bisogno di una storia a proprio uso e consumo) ; paradossale perchè il documentario è costruito su immagini di scontri, morti e funerali, e dunque legittimamente ci chiediamo cosa può avere impedito agli autori di mostrare in alternativa alla violenza 50 minuti di indiani metropolitani, sedute di autocoscienza, assemblee, radio libere ecc.

Non ci resta a questo punto altro da fare che suggerire a chi fosse interessato ai temi che il documentario di raitre avrebbe voluto affrontare di recuperare, per cominciare, alcuni film di Alberto Grifi (Parco Lambro, Anna, Lia, Michele alla ricerca della felicità), e in qualche modo di contribuire affinchè il "diario ritrovato" di Benini, Lo Sardo e Malfatto venga nuovamente perduto. E sperare che a qualche insegnante illuminato non venga mai in mente di mostrarlo ai suoi allievi per spiegare gli anni settanta in Italia.


7 commenti:

dj Charles Benson 7 luglio 2011 alle ore 03:54  

Non ho visto il film,
ma ho la vaga sensazione che sarà
uguale alla tua descrizione

Cosmo Vitelli 13 luglio 2011 alle ore 11:24  

Quando scrissi il pezzo ero davvero arrabbiato. Non ho mai più rivisto il documentario, e non credo lo farò in futuro. Il fatto che se ne sia parlato poco o nulla (almeno a quanto mi risulta) è in questo caso una fortuna.

Dziga,  25 ottobre 2011 alle ore 23:02  

Non sono d'accordo, caro Cosmo. E' la pretesa di vedere raccontato il 1977 a modo tuo che ti impedisce di notare tutte le parti dedicate *esattamente* all'autocoscienza, alle radio libere e al fermento giovanile. Sì, ci sono i morti. Sì, ci sono di tutte le parti, e sì, ci son pure 3 minuti dedicati a CL. Ma un documentario documenta e non vedo il delitto nell'avere documentato *anche* queste realtà. Non vedo invece nessun riferimento al famigerato "io c'ero" che abitualmente consente qualunque stupro della memoria. Il 1977 è troppo complesso per darne una visione esaustiva in 50 minuti (e questo è un problema della tivù, in generale), ma io ho visto un approccio sano alla materia, non incrostato di nostalgie e, televisivamente parlando, un racconto agile. Poi, certo, le musiche sono anche ruffiane (ma Questar di Jarrett mica tanto, Lolli neppure, Into the fire dei Deep Purple neanche e si potrebbe andare avanti) e le immagini già viste (ma da chi? Da te, da noi, dal pubblico televisivo non direi), ma - di nuovo - non possiamo scambiare quello che vorremmo per noi con quello che viene fatto per altri.
ti saluto ti saluto
ti saluto a pugno chiuso...

Cosmo Vitelli 7 novembre 2011 alle ore 22:29  

Caro Dziga, sono ormai passati 4 anni dalla messa in onda del "famigerato" documentario. Quando si critica, credo si parta più che dalla verifica e soddisfazione (o meno) di un'aspettativa, da un'idea di cosa dovrebbe essere un'opera. Non da un gusto soggettivo, ma da un principio generale, normalmente condiviso. In altre parole, si è senz'altro liberi di gridare come Fantozzi che la corazzata Potemkin è una cagata pazzesca, ma ciò non toglie il fatto che la critica lo abbia da sempre considerato uno dei più belli e importanti film della storia del cinema. A meno che un giorno arrivi qualcuno che possieda degli argomenti così validi da convincere la storia della critica che in realtà Ejzenstejn fosse un ciarlatano. Quello che di "1977..." mi diede fastidio all'epoca, fu innanzitutto il fatto che a quel documentario si fece parecchia pubblicità, facendo credere al telespettatore che si sarebbero mostrate molte immagini inedite, cosa rivelatasi falsa. In secondo luogo, me la presi con la "forma" filmica. Ripeto, il montaggio di quel documentario resta un esempio di assenza di idee, uno scorrere di immagini montate secondo una sensibilità ipersoggettiva che non si cura minimamente dello sguardo dello spettatore. Un montaggio realizzato solo e soltanto secondo il "gusto" dell'autore (e "se non ti piace, affari tuoi"). E ancora, oltre alle cose da te citate, me la presi con quegli intermezzi recitati, con la morale "eravamo giovani e belli, poi i cattivi hanno rovinato tutto", con il fermo immagine (o il rallenti, non ricordo) su Rutelli e altre amenità simili. Tutti elementi che insieme concorrono ad offrire, non a me, ma a chi non ne sa nulla, un'immagine del settantasette banalizzante, stereotipata e piatta. Non è certamente un delitto non sapere fare dei film, però se uno si presenta con la velleità del regista e non vale molto, è giusto dirglielo. Se poi si vuole dire che "1977..." è un filmino amatoriale finito per sbaglio in tv, allora ritiro tutto. Ma le premesse erano davvero ben altre.
Infine, mi piacerebbe sapere se per caso conosci i film di Alberto Grifi, e se sì, che cosa ne pensi.
Salut.

Dziga,  10 novembre 2011 alle ore 10:46  

Caro Cosmo
Grazie per la risposta. Alcune premesse: ho visto i film di Grifi e li considero spendidi, vitali, sanguigni e al contempo ostici e - per il 99% della popolazione mondiale - indigeribili (ma a questo arriviamo dopo). Comunque: nei film di Grifi c'è la vita. Vera e unica, nel senso che quelle che vediamo sono esperienze reali (magari trasfigurate).
Seconda premessa: ho visto 1977... il giorno prima di scrivere il mio commento (al tuo commento). L'ho recuperato da un'emissione estiva recente per cui non ho vissuto l'aspettativa di cui tu scrivi né sapevo del battage pubblicitario che aveva accompagnato la prima televisiva.
Dunque: secondo me bisogna moderare i propri gusti soggettivi rispetto al medium che ospita l'opera. 1977... non è un'opera cinematografica né - credo e spero - aspira a un'autorialità alta che invece il cinema può praticare (penso esattamente a Grifi che non si pone alcun problema di rapporto col pubblico - e infatti, purtroppo, è confinato in cineteche e cineclub e per nulla condiviso).
La televisione comprime, macera, mastica e risputa narrazione, musica e immagini, con tempi ed esigenze di messa in onda che il cinema si può permettere di non considerare. Ed è per questo che considero 1977... un esperimento abbastanza riuscito. Attenzione: non dico sia *bello* o esaustivo. Dico che - a uno spettatore ignaro - dia diversi spunti per cominciare a muoversi e conoscere cosa sia accaduto quell'anno. Poi la nostra memoria e il nostro vissuto ci porterebbero a vedere narrate altre cose, ma non credo né ai documentari *oggettivi* e rifuggo fermamente quelli che indulgono nella nostalgia personale. Lamentavo insomma nel tuo giudizio una severità dovuta a una tua aspettativa (che non sapevo alimentata da un inusitato solerte ufficio stampa Rai) e, ritengo, una tua, conoscenza della materia molto alta, mente la tivù - purtroppo, ma non va dimenticato - prova a rivolgersi al maggior numero di utenti possibili, massificando informazioni e gusto. Per cui credo che il problema non sia nell'oggetto, ma piuttosto nel contesto. Ed è tivù (deperibile, di consumo veloce) e non cinema. Poi: su molte scelte artistiche (...) penso tu abbia assolutamente ragione. Il rallenti su Rutelli è di cattivo gusto a priori, i brani letti e la recitazione della lettrice possono agghiacciare così come - a livello testuale-informativo - un certo *buonismo* moraleggiante (o lo smarrone su una vittima del rogo all'Angelo azzurro), ma, sarà che non avevo particolari aspettative, il prodottino m'è passato senza particolari patemi e ne riconosco la paternità televisiva senza per cui aspettarmi chissà quali sorprese. Ora, se fai tivù, questo non ti autorizza a licenziare vaccate, perché il medium fa schifo, anzi. Però, ecco, perlomeno nell'intenzione - più che nei risultati - ho intravisto qualcosa di interessante.
Detto tutto ciò, ritengo poi che l'apprezzamento e l'accettazione di un racconto dipenda molte volte dalla buona digestione in atto e sicuramente, nelle nostre visioni separate, io ero di buon umore e forse tu no!
Keep up the good work! Ciao!

Cosmo Vitelli 12 novembre 2011 alle ore 12:55  

Caro Dziga,
grazie a te per avere risposto anche al precedente commento. Riconosco che il mio giudizio fu influenzato anche dal "cattivo umore", oltre che dal resto. E probabilmente, anzi sicuramente, tutto sommato qualche curiosità nello spettatore ignaro "1977..." riesce a suscitarla. Non tutto il tempo e il lavoro sono andati sprecati. Ora però vorrei anche spiegarti perchè spesso risulto così aspro.
Quando scrivo e mi accorgo che ci sto andando giù pesante, cerco di smussare il meno possibile le asperità del discorso. Non tanto per essere provocatorio o antipatico, o peggio ancora, per supponenza. Ma perchè nel mio piccolissimo preferisco rischiare di apparire presuntuoso piuttosto che "corretto" e commestibile, e suscitare reazioni e interrogativi.
Preferisco credere alle mie reazioni d'istinto, e se devo mediare con la razionalità, cerco di farlo senza tradire me stesso.
Ormai, lo saprai meglio di me, gli scritti sul cinema si dividono in innumerevoli studi accademici per addetti ai lavori da un lato, e altrettante rubriche di pseudo recensioni su riviste, quotidiani e siti internet dall'altro. I primi fanno "cultura", i secondi opinione. Nessuno che faccia critica. Umilmente, coi miei limiti, quando scrivo qualcosa, cerco di fare critica. Il riscontro, sono commenti come i tuoi. Qualcuno che mi dice "non sono d'accordo" e argomenta.
Rispetto al discorso sulla critica ci sono ovviamente delle eccezioni, molte, che però restano chiuse in ambiti ristrettissimi o di nicchia. Te ne suggerisco una, che è l'antiaccademia per eccellenza, e l'opposto di me, le "divine divane visioni" di Dziga Cacace su Carmilla (a proposito, non è che sei tu?...) Sarebbe bello se queste nicchie si allargassero e prendessero lo spazio che meritano. Ecco, mi piacerebbe che anche soltanto una persona avesse scoperto i film di Alberto Grifi leggendo il mio testo. Non per prendermene il merito, ma perchè allora questo blog e ciò che propone avrebbero raggiunto un traguardo.
Chiudo con una nota biografica. Nel 1977 avevo 10 anni. Quindi in piazza non c'ero. Ma l'aria l'ho respirata, e qualche traccia, può darsi che mi sia rimasta.
Infine, ti ringrazio per l'invito a proseguire col blog. Mi ha fatto molto piacere.
Salut.

Dziga Cacace, sì,  13 novembre 2011 alle ore 16:52  

Maledetto Carter, mi hai scoperto anche stavolta! Sì, sono io "quel" Dziga là. Grazie per le belle parole e sono d'accordissimo sulla sterilità della critica accademica, sulla vacuità delle recensioni da rivista/quotidiano/ sito internet. Credo di rientrare con le mie cose su Carmilla nell'ultima categoria: dò pareri, sperando che suscitino reazioni, perché non credo nelle verità assolute (posti alcuni capisaldi, eh...). Però dal confronto nascono nuove consapevolezze e si vedono le cose in maniera leggermente differente. Continuo via mail, che così rischia di diventare imbarazzante. Ancora grazie! Ciao!

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