Non ha l'impatto, lo stile, la profondità di Redacted di Brian De Palma, ma The Hurt Locker di Kathryn Bigelow è un film che consigliamo comunque di andare a vedere.
La regista statunitense, nota per la "velocità" e il "ritmo" dei suoi titoli più celebri (Point Break, Strange Days), nel suo film sull'Irak "rallenta" i tempi e si fa più riflessiva, lasciandoci finalmente la possibilità di "guardare" (nel)le inquadrature.
E qui si nota subito la differenza, per esempio, con un Clint Eastwood (Letters from Iwo Jima) o un De Palma: se questi ultimi ormai curano la messa in scena con la consapevolezza e la sicurezza
del "maestro" riconosciuto, la Bigelow al contrario, a volte, ci appare incerta, quasi un'esordiente. Come se in questo film, avendo scelto di lavorare per sottrazione (di eventi) per puntare sull'intensità, sull'essenza, alla fine emergessero quelle lacune e debolezze che in passato la regista riusciva a nascondere con montaggi vertiginosi e travolgenti scene d'azione. Per esempio, ogni volta che gli irakeni vengono inquadrati mentre dalle loro case osservano i soldati americani in azione, quegli sguardi sì ci inquietano, ma contemporaneamente abbiamo la sensazione che le inquadrature indugino troppo su di essi, rischiando così di produrre l'effetto didascalia. E' però proprio anche per alcuni di questi difetti che The Hurt Locker ci pare, finalmente, un film "personale", azzardato e positivo nel suo interrogarsi sulla guerra e i suoi effetti. La Bigelow in sostanza "rischia", a costo anche di risultare imperfetta, dirigendo però un film a suo modo coinvolgente e riuscito.
Qualcuno, nelle recensioni più superficiali, ha parlato di The Hurt Locker come di un film pro-Bush. Secondo noi The Hurt Locker è niente altro che un film sugli americani in guerra. Che ci piacciano o meno, in questo caso, non fa differenza. Ciò che conta, una volta tanto, sono le immagini, la storia raccontata e i suoi personaggi (bravissimo nella sua parte Jeremy Renner); niente divisioni manichee, messaggi morali o buoni sentimenti, ma solo un gruppo di uomini da una parte, il nemico dall'altra e in mezzo la guerra.
Un film dunque che rimanda al cinema nella sua dimensione più genuinamente popolare, ovvero quello che semplicemente mostrava su un grande schermo ciò che le persone curiose desideravano poter vedere coi loro occhi. Per poi - spesso - riflettere, ragionare, pensare.
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